La forza di un nome

La forza di un nome

Che cosa si nasconde dietro ad un nome? Per alcuni è un semplice appellativo mentre per altri ha un grande significato. Più di ogni altra cosa i nomi descrivono persone, oggetti o posti. Un nome può allo stesso tempo dare un’identità o simbolizzare qualcosa di completamente diverso. Talvolta è legato alla storia, altre volte a semplici vicende, esperienze belle o brutte, associazioni mentali positive o negative. Solo chi è consapevole di questi fatti è in grado di beneficiarne.

Per esempio un nome diventa tanto più attraente quanto più vi si collegano significati ed attributi positivi. I prodotti associati ad un marchio non sono definiti solamente dal nome che portano ma anche dal prestigio e dal senso di sicurezza che il loro marchio garantisce al cliente. Più vecchio è il marchio, più solida è la sua reputazione. Per accelerare questo processo nuovi prodotti sono spesso pubblicizzati da ambasciatori di dubbiosa reputazione.

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1972 X-Art - Niki St. Phalle

Negli ultimi anni una maniera molto popolare di pubblicizzare nuovi prodotti - perlomeno in Germania - è stata quella di associarli a personaggi famosi. È presto diventato un pratico modo per incassare un po’ di soldi per ex mogli di celebrità, cantanti in declino, designer auto inventati ed altra gente di serie B. In Germania sono state messe sul mercato un grande numero di carte da parati di “star” più o meno famose quali Barbara Becker, Jette Joop, Dieter Bohlen, Daniel Hechter o Harald Glööckler. Cosa connette queste tappezzerie a questi personaggi? Assolutamente nulla dal momento che quasi sempre questi non giocano alcun ruolo nel design o nel processo di produzione. L’unica cosa che fanno è quella di prestare la loro immagine di celebrità per dare un “buon nome” al prodotto.

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1972 X-Art - Jean Tinguely

Nel mondo dell’arte invece si applicano regole diverse. Alla 5° Dokumenta di Kassel nel 1972, la cosiddetta X-Art Wallpaper Collection presentò delle carte da parati concepite da famosi artisti, fra cui Paul Wunderlich, Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely o Allan Jones. Queste non erano, come uno si sarebbe aspettato, rare edizioni limitate, ma Multiples – objets d'art a produzione di massa.

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1972 X-Art - Werner Berges

Lo scopo era quello di introdurre l’arte moderna nella vita (e nelle case) della “gente comune”. La carta da parati era pensata dunque come un “agente d’arte” per l’intera popolazione.

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1972 X-Art - Allen Jones

Se cerchiamo un analogo fra gli artisti moderni il pensiero ricade inevitabilmente sul designer americano Karim Rashid o sul suo collega irlandese Orla Kiely. Il portfolio di entrambi gli artisti include infatti, fra le tante altre opere, design originali per carte da parati. Il principio è semplice: nome dell’artista = nome del designer.

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Un appellativo di forte impatto può avere più significato delle “vere” proprietà del prodotto. Il consumatore paga per il nome prima che per il prodotto. Ma i criteri per giudicare un prodotto devono rimanere la creatività, la qualità, il livello di produzione e l’innovatività del design, non il nome di un personaggio famoso a caso scelto dai pubblicitari. È sempre una buona idea invece basare la propria scelta sul nome di un designer, dato che il loro buon nome dipende dalla qualità del prodotto.

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Testi: szim

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